Il problema delle emissioni di polveri sottili è purtroppo una costante, tanto che sul nostro Paese e su alcune Regioni pende una condanna da parte della Corte di Giustizia europea per la violazione della Direttiva 2008/50 posta a tutela della salute e dell’ambiente. A fronte di questa situazione AIEL, Associazione italiana delle energie agroforestali che rappresenta oltre 500 imprese che operano nella filiera legno-energia, propone un approccio concreto che punta ad abbattere del 70% in dieci anni le emissioni imputabili al riscaldamento domestico a biomasse.
Dopo il trasporto su strada e l’agricoltura, la combustione domestica di biomasse è la terza fonte emissiva di particolato. La parte prevalente di queste emissioni proviene da stufe e caminetti aperti caratterizzati da tecnologie di combustione superate e poco efficienti. Gli apparecchi a legna e pellet installati in Italia da più di 10 anni rappresentano il 70% del parco installato, circa 6,3 milioni, e contribuiscono all’emissione dell’86% del PM10 derivante dalla combustione domestica della biomassa. Per questo motivo, è prioritario incentivare la loro sostituzione con sistemi di riscaldamento a legna e pellet moderni ed efficienti, caratterizzati da emissioni di particolato da 4 a 8 volte inferiori rispetto alle tecnologie più datate.
Nei giorni scorsi Legambiente ha presentato il report “Mal’aria di città. Quanto manca alle città italiane per diventare clean cities”, stilando un bilancio complessiva sulla qualità dell’aria nelle città italiane, confrontando il valore medio annuale di PM10, PM2.5 e NO2 con i parametri suggeriti dall’OMS. Secondo il report, i due settori che incidono maggiormente sono la mobilità e il riscaldamento domestico ed è quindi necessario per accelerare la transizione ecologica adottare misure che incentivino la mobilità sostenibile e puntare su misure strutturali di efficientamento energetico.
Il turn-over tecnologico è la prima soluzione per contribuire in modo incisivo alla riduzione dell’impatto della combustione domestica di legna da ardere e pellet sulla qualità dell’aria. Contemporaneamente, è fondamentale avviare un’estesa azione di informazione e sensibilizzazione degli utenti finali, in particolare di chi utilizza legna da ardere. Secondo alcuni studi, la scorretta conduzione dell’apparecchio può, infatti, causare un incremento delle emissioni anche di 10 volte rispetto ad un utilizzo ottimale.
Secondo AIEL, l'associazione Italiana Energie Agroforestali che da 20 anni si occupa di promuovere la corretta e sostenibile valorizzazione energetica delle biomasse agroforestali, in particolare i biocombustibili legnosi, per migliorare la qualità dell’aria nei prossimi 10 anni, da un lato c'è la sostituzione di almeno 350.000 apparecchi all’anno, dall’altro l’educazione del consumatore finale affinché gestisca correttamente il proprio generatore di calore a biomassa. L’effetto combinato di queste due azioni produrrebbe una riduzione in 10 anni delle emissioni di particolato nell’ordine del 70%. La strategia è descritta all’interno del Libro Bianco “Rottamare ed educare” redatto da AIEL e dedicato al futuro del riscaldamento a legna e pellet per sensibilizzare istituzioni, policy maker e opinione pubblica riguardo al contributo che il settore può dare per ridurre le emissioni inquinanti, continuando a riscaldare in modo sostenibile e pulito le famiglie italiane (aielenergia.it/librobianco).
Sulla base di una strategia articolata in quattro punti è possibile ridurre le emissioni delle polveri sottili prodotte dal riscaldamento a legna con effetti che già ora sono significativi:
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