National Geographic

2022-03-19 07:35:00 By : Mr. Scott Zhai

Una veduta aerea del limpido mare azzurro delle Isole Tremiti.

Articolo estratto dallo speciale “Pianeta Mengoni” in allegato al numero di marzo del magazine National Geographic Italia.

Gli luccicano ancora gli occhi quando ripensa a quella volta che ha sbattuto il telefono in faccia a Lucio Dalla. Del resto, allora Marco Mengoni era fresco della popolarità ottenuta a X-Factor e la probabilità che quello non fosse uno scherzo telefonico non l’aveva neppure sfiorato. Ma poco dopo, racconta, l’aveva chiamato il suo agente discografico per preannunciargli la chiamata di quel titano della canzone italiana. Così aveva ricomposto il numero, profondendosi in scuse. Lucio aveva risposto con la sua risata contagiosa e gli aveva detto di aver ascoltato il suo brano alla radio, mentre era con (forse quattro?) amici al bar in piazza sulla sua amata isola di San Domino, alle Tremiti. Ed era rimasto incantato dalla sua voce.

Da quel malinteso è nato un duetto, con Dalla&Mengoni a dividersi le strofe di Meri Luis, forse uno dei più intensi brani del Maestro. E, anche, una comunione di passioni tra i due che è andata oltre le note, comprendendo anche quella per il mare e la sua incommensurabile energia. Dalla aveva casa alle Tremiti, dove trascorreva molto tempo facendo la vita di lupo di mare e per decenni aveva navigato in lungo e in largo per il Mediterraneo: l’ultima delle sue golette, Brilla&Billy, battezzata col nome dei suoi amatissimi labrador, era persino dotata di uno studio di registrazione.

Un ritratto di Lucio Dalla sui murali del porto di San Domino.

Quanto a Marco Mengoni - nato d’acqua dolce, a Ronciglione, un borgo della Tuscia affacciato sul Lago di Vico - ha trascorso al mare, esplorando le coste della nostra penisola, molti giorni felici, quelli che associa a un senso di libertà che, ammette, non ha mai provato altrove. Anche sul piano professionale: dichiara di aver assorbito in modo tangibile la potenza del mare le volte in cui ha cantato al Teatro Greco di Taormina, letteralmente sospeso sul blu infinito.

È dunque a un mare (o meglio, all’oceano che divide, o forse unisce, i due continenti che hanno avuto un ruolo determinante nella sua carriera) che Mengoni ha dedicato l’album che l’ha lanciato nel firmamento dei grandi. Il suo Atlantico, del 2018, non è “soltanto” una raccolta di bellissimi brani, ma anche uno statement riguardo al suo impegno per la tutela dell’ambiente. Per presentarlo, l’artista aveva ideato l’Atlantico Fest, a Milano, un evento della durata di tre giorni nel quale, per la prima volta, un progetto musicale si è tradotto in un’occasione di condivisione e riflessione sulle sfide che dobbiamo raccogliere per la salvaguardia del nostro pianeta, in partnership con National Geographic.

A inaugurare la manifestazione era stata una chiacchierata per “ascoltare” il mare tra Mengoni e due giovani Explorer di National Geographic. Così, con uno dei due, il suo coetaneo Giovanni Chimienti, era nata un’amicizia  - «che purtroppo, dati i nostri rispettivi impegni, spesso si alimenta soltanto a distanza», spiega Marco - di quelle vere. «Ci sentiamo spesso, ci raccontiamo i nostri progetti e ci ripromettiamo sempre di passare del tempo insieme. Al mare, naturalmente».

Marco Mengoni è diventato, nel 2019, National Geographic Ambassador per la campagna Planet or Plastic? e il suo impegno si è tradotto, tra l’altro, nel doppio CD Atlantico/On tour realizzato con packaging sostenibile in cartone naturale e fibra di mais, biodegradabile in soli due mesi, così come nell’adesione a Green Nation, un progetto globale che si pone l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale dei concerti e, allo stesso tempo, di sensibilizzare il pubblico sul tema cruciale della sostenibilità. Nel frattempo il biologo marino Giovanni Chimienti ha cercato, e trovato, nelle profondità marine poco al largo delle Isole Tremiti, un tesoro nascosto della natura, il corallo nero.

Il corallo nero Antipathella subpinnata, che sott’acqua appare bianco, così come lo hanno trovato i ricercatori sul fondo marino.

Nato e cresciuto sull’altopiano delle Murge, Chimienti ammette di aver imparato a nuotare soltanto da adolescente nonché di aver sempre associato il mare a un senso di mistero. «È per questo che ho studiato biologia marina», racconta. «E da ricercatore all’Università di Bari mi dedico a ciò che del mare è più misterioso, le sue profondità. Il mio campo è lo studio degli animali marini, in particolare dei coralli».

La mappatura delle correnti lo ha portato a interessarsi alle Tremiti che, 12 miglia marine al largo del promontorio del Gargano, sono l’unico arcipelago italiano dell’Adriatico. Con oasi rocciose a punteggiare un fondo che, almeno sul nostro versante di questo mare, è sabbioso e fangoso, i suoi abissi ospitano ecosistemi di grande importanza naturalistica. E questi, insieme ai tesori sopra il livello del mare, hanno fatto sì che l’arcipelago sia stato dichiarato Area marina protetta nel 1989, a sua volta parte del Parco nazionale del Gargano.

A questo si aggiunge che le Tremiti sono ammantate da un’aura leggendaria: nell’antichità erano note come Insulae Diomedeae, dal nome dell’eroe greco che, secondo il mito, prima di morire (si dice sia sepolto sull’isola di San Nicola) scagliò in mare tre massi, che riemersero sotto forma di isole. Il mito prosegue narrando che Afrodite trasformò i compagni del condottiero in uccelli marini, i cui versi simili a un pianto umano ricordano ancora oggi la scomparsa di Diomede: sono le berte maggiori, presenti qui in una numerosa colonia, oggi simbolo dell’area protetta.

Attratto dai misteri, e forte di una mappatura, fatta secondo rigidi metodi scientifici, di un “fiume” di corrente fredda e ricca di ossigeno e fitonutrienti (portati a mare dal corso del Po) che compie il suo viaggio dall’alto Adriatico fino a sferzare il settore nord dell’arcipelago, il biologo marino aveva teorizzato che qui potessero trovarsi colonie dell’ormai raro esacorallo, noto comunemente come corallo nero. Il suo nome scientifico è Antipathella subpinnata, un termine che, per aggiungere fascino misterioso alla faccenda, deriva dal greco anti pàthos, e cioè “contro la sofferenza”, perché gli antichi gli attribuivano poteri taumaturgici e lo forgiavano in amuleti.

Di nero ha invece soltanto lo scheletro. Da vivo, in colonie arborescenti che possono superare il metro di altezza, appare bianco, costituito com’è da una pletora di individui - detti polipi e dotati di bocca e piccoli tentacoli in grado di catturare microscopiche prede e sostanze organiche - collegati tra loro da una rete di canali necessari allo scambio di nutrienti. Che, per di più, rendono questo corallo straordinariamente longevo: datazioni effettuate con il radiocarbonio hanno dimostrato che può vivere anche 2.000 anni.

Ebbene, in collaborazione con l’Area marina protetta, nell’estate 2018 Chimienti aveva avviato una campagna di citizen science chiedendo ai sub e ai pescatori delle Tremiti di riportare eventuali ritrovamenti di frammenti di corallo nero.

A rispondere all’appello erano stati Adelmo Sorci, del Laboratorio del Mare - Marlin Tremiti, e due pescatori. Ma, se i frammenti di questi ultimi si erano rivelati una falsa pista (si trattava del cosiddetto falso corallo nero, Savalia savaglia, una specie parassita delle gorgonie), quello di Sorci, trovato in prossimità di Punta Secca di Caprara, era inconfutabilmente un corallo nero.

Uno scorfano tra le gorgonie.

Per quanto isolato, l’indizio era promettente. Così, poco tempo dopo, e grazie a un progetto finanziato da National Geographic e dal Parco nazionale del Gargano, Giovanni Chimienti e il suo team, composto anche da subacquei e pescatori delle Tremiti, hanno intrapreso una missione alla ricerca delle colonie di corallo nero. Fatta di impegnative immersioni fino a 60 metri e, a fasce batimetriche più profonde, di esplorazioni del fondo marino grazie a un robot filoguidato detto Rov (Remotely Operated Vehicle), di prove ed errori, ostacoli imprevisti, momenti di sconforto, trepidazioni e gioie, la sua eccezionale avventura scientifica negli abissi ha portato alla scoperta di quella che - al di là di ogni più rosea aspettativa - è una foresta di magnifici coralli neri.

La missione alla ricerca del corallo nero è stata ripresa per intero ed è stata montata in un emozionante documentario, Il tesoro nascosto delle Isole Tremiti, disponibile online sul sito di National Geographic Italia e su YouTube.

Per Giovanni Chimienti - che aveva mandato in anteprima il documentario all’amico Marco Mengoni - si è trattato di un grande successo, una prova del suo “fiuto da ricercatore”. «Ma, al di là del valore scientifico, è stata una meravigliosa esperienza umana, della quale gli abitanti delle Tremiti si sono sentiti parte», racconta. «Sono orgoglioso quando la gente di qui definisce Antipathella subpinnata “il nostro corallo”, quello che “abbiamo scoperto”. E, durante la missione, mi ha reso felice vedere negli occhi dei pescatori che avevo a bordo il senso di meraviglia nello scoprire, per la prima volta, le profondità del mare del quale conoscevano così bene la superficie». In più, questo senso di comunità, fiducia e addirittura complicità apre una nuova via condivisa per migliorare l’efficienza dell’Area marina protetta delle Tremiti.

Contrariamente a quanto era avvenuto in passato, i pescatori hanno acquisito la consapevolezza che la tutela di questo mare è più preziosa, e più utile, nel medio-lungo periodo, della riduzione del loro areale di pesca».

A settembre 2022 Giovanni Chimienti ha in programma una nuova missione: per questa, nel National Geographic Lab, a Washington, si stanno costruendo speciali fotocamere che verranno posizionate nelle colonie per riprendere le forme di vita marina, da quelle grandi, come le cernie, che qui si riproducono, a quelle piccole che interagiscono con il corallo nero. Si stima che siano una trentina, ma l’esperimento potrebbe rilevarne anche di più, laggiù in quel mondo liquido e misterioso dove filtra poca luce solare.

Giovanni e Marco si sono reciprocamente promessi di incontrarsi alle Tremiti. Andranno insieme alla scoperta delle isole, dove Mengoni non è ancora mai stato, e il biologo marino farà vedere all’artista, per dirla con Lucio Dalla, “com’è profondo il mare”. Entrambi non vedono l’ora: a suggellare quell’appuntamento, Giovanni ha regalato a Marco un pezzetto di corallo nero.