Acqua potabile dall'aria di Tel Aviv: una fonte sicura?

2022-07-01 21:50:26 By : Ms. Tina Wong

Agnese Codignola 20 Luglio 2021 Pianeta Commenti

L’acqua potabile del futuro potrebbe arrivare da una fonte finora sfruttata pochissimo: l’atmosfera, che ne contiene miliardi di tonnellate, in forma di vapore. Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Tel Aviv, in Israele, e dell’Istituto Leibniz per la ricerca troposferica di Lipsia, in Germania, insieme all’azienda Watergen, che già produce macchinari domestici, industriali e per caravan utili allo scopo, dimostra infatti come la qualità di quest’acqua sia sempre ottima, e come non ci sia bisogno di alcun sistema di purificazione.

Come illustrato su Science of the Total Environment e su Water, per verificare la qualità del vapore acqueo atmosferico di Tel Aviv, città con molto traffico, costruzioni e industrie, gli autori hanno analizzato l’acqua ricavata dall’aria con un apposito generatore (senza alcun sistema di purificazione o filtraggio) con i più sofisticati metodi a disposizione. Quindi hanno incrociato i dati con quelli delle variazioni meteorologiche dei tre giorni precedenti il prelievo, e hanno così visto che, in nessun caso, i valori di inquinanti superano quelli soglia stabiliti per le acque potabili sia dalle autorità israeliane, sia dall’Oms.

Ci sono comunque variazioni nella composizione dell’acqua, che dipendono dall’andamento dei venti e in generale dal meteo e dalla stagione. Così, se ci sono correnti d’aria che arrivano dal deserto, l’acqua contiene più zolfo e calcio, e se ci sono state tempeste di sabbia i valori diventano piuttosto alti. Viceversa, se a prevalere sono le brezze marine, nell’acqua si ritrovano più iodio e cloro, e molto meno calcio. Si possono poi identificare tracce di zone più lontane come l’Europa che, a sua volta, ha una sorta di firma molto riconoscibile. Per quanto riguarda gli inquinanti, se ne trovano (ammoniaca, ossidi d’azoto e di zolfo, rame, zinco e potassio) e cambiano a seconda del tipo di attività presente nella zona (industriale, agricola, o con molto traffico), ma sono sempre presenti in quantità molto basse e comunque  inferiori ai valori limite.

Tutto ciò ha una conseguenza pratica: quando si preleva acqua dall’atmosfera, non occorre alcuna depurazione, mentre può essere necessario disporre di un sistema di monitoraggio per compensare eventuali carenze, per esempio di calcio e magnesio. Ma secondo i ricercatori non si tratta di un grande ostacolo: già oggi questo tipo di correzione è praticato normalmente per esempio nell’acqua desalinizzata proveniente dal mare, di cui Israele si serve da tempo. 

Viceversa, i vantaggi di un sistema del genere sono potenzialmente numerosi. A differenza degli impianti di desalinizzazione, infatti, non c’è bisogno di grandi stabilimenti (esistono già in commercio macchinari anche per uso domestico), né di una rete idrica o di un sistema di trasporti che porti l’acqua dal mare all’impianto e poi da lì alle città, perché l’aria viene prelevata sul posto (fatto che, oltretutto, abbatte anche l’inquinamento associato al trasporto su gomma e quello legato alle emissioni dell’energia necessaria per far funzionare una rete idrica).  Inoltre, maggiori sono la temperatura esterna e il tasso di umidità, migliore diventa il rapporto tra costi e benefici. 

Visto il progressivo riscaldamento del clima, un sistema del genere potrebbe avere un ruolo molto significativo nel migliorare l’approvvigionamento delle zone più calde e non solo. Ora i controlli proseguono in altre zone come quella di Haifa, molto industrializzata, o alcune aree rurali, per avere un quadro ancora più completo della qualità dell’acqua atmosferica, e iniziare a pensare più in grande.

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Siccità è una parola dal suono antico, che richiama al pensiero immagini di società agricole. …

Cercando qua e la si scoprirebbe che il recupero di acqua atmosferica è argomento datato, molti sistemi sono stati utilizzati in passato in forma di torri o vasche allo scopo di ottenere un bene prezioso in ambienti molto svantaggiati, ancora sono in funzione in alcune località pur con rendimenti miseri. Questi recenti metodi utilizzano anche energia ( in questo caso lodevolmente da fonti rinnovabili ) e risultano molto più efficienti. Comunque i precursori risultano essere alcune piante come la Tillandsia e insetti come i coleotteri del Namib., ovvero sono comportamenti naturali che attraverso studi più approfonditi vengono poi brevettati da alcune aziende.

5 litri un kilowatt di consumo energetico, mi sembra che di strada da fare ce ne sia ancora tanta….

Anni fa lessi che in alcuni altopiani sudamericani stendevano dei teli di plastica(come fossero lenzuola) che condesavano naturalmente l’acqua della brezza marina ottenendone buone quantità per uso irriguo

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